Si prospettano tempi minori in Europa per la stretta monetaria della Banca Centrale Europea rispetto alla mosse previste da parte della Federal Reserve americana. Nel suo ultimo intervento di Dicembre il Presidente dell’Eurotower Draghi aveva prorogato gli stimoli monetari fino a tutto l’anno in corso ma anche anticipato un loro ritiro graduale, mantenendo stabile a 80 miliardi al mese il ritmo di acquisti di debito del quantitative easing fino a Marzo per poi procedere al ritmo di 60 miliardi al mese fino a Dicembre. Se fino a qualche mese fa era diffusa la sensazione che i tassi di riferimento sarebbero rimasti invariati almeno nel medio periodo, l’aumento dell’inflazione nell’Eurozona a dicembre all’1,1%, il dato più alto da circa tre anni, e la sua crescita tendenziale anche in Germania, prima economia dell’area, all’1,7% stanno avvicinando i prezzi al target fissato dalla Banca Centrale Europea al 2%. Quali le prospettive allora? La Federal Reserve di Janet Yellen ha atteso circa un anno dalla fine degli stimoli monetari per procedere al primo rialzo dei tassi ma in condizioni differenti rispetto alle attuali:
- il cambio euro-dollaro è infatti sceso ai minimi dal 2002 e potrebbe anche sfiorare la parità al prossimo rialzo dei tassi americani
- le quotazioni del petrolio sono in aumento da un paio di mesi a seguito dei recenti accordi dell’Opec e tendono verso i 60 dollari al barile, il doppio dei livelli toccati un anno fa
- l’inflazione, come in precedenza accennato, pur restando a livelli storicamente bassi, è in aumento sia negli Stati Uniti che nell’Eurozona
Alla luce di questi fattori è ragionevole pensare ad un accorciamento dei tempi per la prima
stretta monetaria da parte di Mario Draghi.